venerdì 24 aprile 2009

der gute Sünder (bozza)

Gregorius oder "der gute Sünder" - Gregorio o "il buon peccatore" è un romanzo in versi di Hartmann von Aue, forse il vertice del cosiddetto "Minnesang". Il Minnesang (letteralmente, “cantar d'amore”, ma il significato della parola “Minne” in tedesco medievale è molto più ampio di quanto l'italiano moderno riesca a tradurre) è un movimento letterario sviluppatosi nella seconda metà del XII secolo in ambito linguistico tedesco. Generalmente, viene considerato il primo, riuscito tentativo espressivo in una lingua tedesca comune, il cosiddetto “Mittelhochdeutch”: questo riflette il contemporaneo e non riuscito tentativo di unificare – politicamente e culturalmente, il vasto impero tedesco sotto l'egida di uno stato sempre più centralizzato. Non a caso, quasi tutti gli esponenti del Minnesang, da von Aue a von der Vogelweide, erano verosimilmente dei “ministeriales”, ovvero esponenti della burocrazia imperiale. Verosimilmente perché, come nel caso di Hartmann, poco o pochissimo sappiamo della loro storia personale. Di solito, quello che sappiamo viene dalle loro opere, e dai pochi tratti di autobiografia che traspare dai loro versi. Di Hartmann ad esempio sappiamo che partecipò alla terza crociata (è lui stesso a dircelo in una poesia sopravvissuta comprendente un feroce attacco al Saladino) e che, stando a Gottfried von Straßburg, nel 1210 egli fosse ancora vivo e vegeto: essendo molte sue opere in chiaro rapporto con Chrétien de Troyes, è ugualmente verosimile che Hartmann sia nato tra il 1165 ed il 1177.
Rispetto ad altri poeti dello stesso movimento, di Hartmann sono sopravvissute un buon numero di opere, per lo più complete, testimonianza della buona ricezione da parte dei contemporanei. Queste sono:
der arme Heinrich (il povero Enrico), un romanzo in versi
Erec und Iwein, un romanzo arturiano
circa 18 poesie per un totale di 60 strofe conservate nel codice Manasse (una delle principali fonti per la poesia del Minnesang)
die Klage, probabilmente la sua opera più giovanile
Veniamo al Gregorius, probabilmente il suo capolavoro, sicuramente la sua opera più nota: l'omonimo protagonista è il figlio di una coppia di principi incestuosi che, improvvisamente rinsaviti, hanno cercato di espiare la propria colpa – il padre/fratello partendo per le crociate, la madre/sorella dedicandosi anima e corpo alla difesa ed alla protezione del proprio regno, in Aquitania (da notare che, come sempre, la geografia delle opere medievali è molto relativa). Abbandonato in una cesta contenente una tavola, scritta dalla stessa madre, con il racconto delle origini del giovane, Gregorius viene raccolto dall'abate di un convento e da questi affidato ad una famiglia di pescatori. Nel corso degli anni, le origini complesse e travagliate di Gregorius prendono il sopravvento, spingendolo ad una vita avventurosa piuttosto che contemplativa: abbandonata l'abbazia, Gregorio raggiunge, senza saperlo, la terra materna, che sta combattendo una dura guerra contro dei feroci, ed apparentemente invincibili invasori. Gregorius, soprendentemente, sconfigge gli invasori con inaudita facilità. Conquistando così anche la mano della regina d'Aquitania – ovvero, di colui che in realtà è sua madre. Da un incesto all'altro, dunque, che viene scoperto solo casualmente e che spinge infine Gregorius ad espiare la colpa (ma di colpa si può realmente parlare?) con un supplizio atroce: legato ad uno scoglio con catene di cui ha gettato in mare la chiave, attende senza protezioni e difese contro le intemperie che la mano di Dio ponga termine alla sua vita ed alle sue sofferenze. Ciò che, in realtà, non avviene. Anzi: dopo molti anni, alla morte del Papa, il conclave dei cardinali si reca all'isola dove Gregorius è ancora vivo, vegeto, ed in continua lotta con il proprio peccato. Un miracolo, per altro piuttosto maldestramente descritto da von Aue, riconsegna le chiavi delle catene a Gregorio che così, libero, viene nominato sommo pontefice romano – con il nome di Gregorio Magno (la cui cui storia, detto per inciso, nulla ha a che vedere con questa leggenda medievale), appena in tempo per comunicare e confessare la madre poco prima della morte.
Questo il plot della vicenda. Come si può notare, la storia è abbastanza risicata – decisamente più complesso il tentativo di orchestrare il racconto del successivo “der arme Heinrich/il Povero Enrico” (per altro nobilitato da un più accurato sviluppo psicologico dei personaggi): la storia del peccato di Gregorio, e soprattutto la sua espiazione, hanno non casualmente scatenato le ironie di Thomas Mann, e di buona parte della critica tedesca. Ugualmente piuttosto malriuscito il “colpo di teatro” che riporta le chiavi nelle mani di Gregorius, liberandolo dalla prigionia – che vengono “casualmente” ritrovate nel ventre di un pesce, dopo essere state gettate in mare molti decenni prima.
Tuttavia, nonostante questi limiti più o meno palesi, l'opera di Hartmann è comunque considerata un capolavoro del medioevo tedesco. Perché? Per varie ragioni. Prima di tutto, per l'alta qualità compositiva dell'opera – per altro, scarsamente accessibile anche al lettore tedesco contemporaneo, spesso e volentieri costretto ad una vera e propria traduzione. Secondariamente perché, ciò che al lettore moderno appare superficiale e scarsamente comprensibile (nuovamente: perché Gregorius deve espiare? Il suo peccato, se tale può essere chiamato, è quello di ignorare ciò che non poteva sapere...) era in realtà un tema di assoluta importanza per il Medio Evo: cosa determina la salvezza? Come può il peccatore riscattare la sua anima? L'ingenuità moderna diventa delicatezza e forma quasi sapienzale per il lettore antico.

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